Sono una persona molto energetica o
iper, come si usa
dire, sto seduta alla scrivania tutto il giorno dove la mia
energia si accumula e lo stress aggiunge ancora più energia –
negativa - alla situazione.
Durante un week end di meditazione in
settembre, ero riuscita a rilasciare diverse cose, ma terminai
con un nodo alla gola che non voleva proprio andar via. Nel
profondo sapevo che avevo qualcosa di grande dentro di me
che doveva venire fuori. Con questa considerazione, quando la
conduttrice forniva le istruzioni su come fare la Dinamica, ero pronta
a tirare fuori tutto quello che avevo.
Forse mi ha aiutato quello che ci disse:
arrivati allo stadio del respiro o del saltare avremmo potuto sentire
una vocina (la mente) che ci diceva che non saremmo riusciti a fare un
ulteriore respiro o che non saremmo riusciti a tenere le braccia
alzate per un altro secondo. Ero molto consapevole di quella voce e,
più mi provocava, più duramente facevo pressione su
me stessa.
Devo dire che questo grande sforzo è
stato del tutto meritevole perché nel secondo stadio ho buttato fuori tutto il bagaglio
emozionale che portavo con me da 26 anni… e che nessuna
terapia o meditazione passiva è stata in grado di far venire
fuori. Mi sentivo leggera, in
pace, e ho trovato questo profondo spazio dentro di me, che ho sempre
saputo di avere ma che non sono stata mai in grado
di raggiungere. Come disse la conduttrice, diverse cose
di me se ne erano andate, o dovrei dire diverse cose di quello che io
pensavo di essere.
Deve essere precisato, quando vengono date le
istruzioni sulla Dinamica alle persone, che a meno che il primo stadio
non venga fatto al massimo delle capacità (come la conduttrice
disse in classe “respira come se la tua vita dipendesse da essa”) la
restante parte della meditazione non funziona.
Piansi e scalciai sul pavimento, accettando il
fatto che ero triste e ferita, per via del mio passato. Tuttavia, la
seconda volta che ho fatto Dinamica è stata molto diversa. Ero
arrabbiata, frustrata, urlavo e imprecavo.
Quando finii, in parte ero contrariata;
pensavo di non aver tirato fuori abbastanza perché non avevo
pianto. Poi mi sono ricordata quello che la conduttrice disse durante
il week-end quando (durante un’altra meditazione) stavamo esprimendo
diverse emozioni. Mi ricordo che mi sentivo a mio agio nella tristezza
ma non nella rabbia. Eppure, come lei sottolineò, sono entrambe
la stessa cosa, ma io ero condizionata nel pensare che per la donna
va bene essere triste ma non l’essere arrabbiata.
La mia prima dinamica mi ha dato molto
potere: mi sono liberata dai vari strati di condizionamento.
Di conseguenza la seconda volta è stata diversa, tuttavia
intensa, perché per la prima volta ho accettato la mia
rabbia e mi sentivo autorizzata a farlo per il fatto che potevo
esprimere tutto in una maniera non- dannosa.
Potrei scrivere tutto il giorno sui pezzi di puzzle
che giornalmente stanno andando a mettersi al posto giusto.
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